Nella messa in scena sociale della nostra vita, la maschera può rinviare al massimo della sincerità, quando si ‘strappa la maschera’ per svelare una verità di sé, della persona, o al massimo della simulazione, quando si ‘indossa una maschera’ per occultare o, al contrario, esibire qualcosa di sé proprio all’interno di quel «gioco» sociale.
Difficile, nell’un caso o nell’altro, sottrarsi all’ambiguità del “recitare” o dell’”inscenare”, nella “messa in scena” della propria vita come rappresentazione sociale.
Come “liberare” allora la maschera entro il gioco dei riflessi sociali della nostra esistenza? Marzia Scarteddu dice che è possibile. Si tratta di fare un lavoro «artigianale» proprio su quel territorio, denso di emozioni e di pensieri, e di storie, che è il nostro volto.
(2, fine)