L’orientamento ideologico dei movimenti politici conservatori o reazionari, le cui varianti vengono classificate attraverso una serie di prefissi: -post, -neo, -ultra, -para, per Carlo Greppi, trova la sua genealogia nel modello politico-culturale del fascismo storico.
Evidenziare questa derivazione ideologico-politica della destra contemporanea significa forse volgere lo sguardo al solo passato? O non significa invece comprendere il segno ideologico della lotta in atto per l’egemonia culturale e politica che in prospettiva riguarda il disegno del futuro della società?
Ma cosa definisce oggi una cultura progressista, di sinistra? Il riferimento alla sussistenza di privilegi di accesso alla ricchezza reale della società, che garantisce una parte del mondo, e all’interno della società stessa, contro un’altra, consentendone lo «schiacciamento» e lo sfruttamento, è oggi una questione chiave. Legittimare tali privilegi, introducendo il «tarlo della territorialità», l’identitarismo locale come condizione di natura o di appartenenza per tradizione, o invece farne una pratica di lotta è ciò che differenzia una cultura di destra o di sinistra.
Ma forse non basta. Occorre anche pensare l’alternativa, il progetto di una società diversa, in cui venga meno l’esistenza di quelle condizioni di vita sociale, il cui semplice sussistere esprime appunto la subordinazione, e la subordinazione necessaria a quelle condizioni stesse, un dominio che è la stessa struttura economia della società a riprodurre.
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