Quale esperienza è più immediata che la presenza del corpo? Eppure, da sempre, questa esperienza vive della sua propria dualità, quella tra realtà del corpo, in carne ed ossa, e realtà “rappresentata”, la sua messa in scena e, sempre più, nella cultura di massa, «in immagine» multisensoriale; una dualità che, attraverso le tecniche di comunicazione a distanza, è sempre più sotto il segno della dislocazione, dell’essere qui e, al tempo stesso, altrove.
L’intensificazione dell’esperienza, nello spazio e nel tempo, in un tempo e in uno spazio concentrato, è la promessa che la rappresentazione del corpo contiene: un riscatto dalla scarsa vivacità e banalità della realtà quotidiana.
È dunque questo il destino del corpo, oggi, di espandersi attraverso la trasmissione, sotto forma di data elettronici, nella rete globale dei nuovi media? Un ipercorpo, in continua interazione sociale, la cui rappresentazione tecnologica, a sua volta, per un effetto di ritorno, finisce per incorporarsi nell’esperienza del corpo stesso, come in un gioco di specchi, in un riflesso di cui non si sa più qual è l’originale?
A quale prezzo, però? Al prezzo di una fruizione solipsistica, di un’interazione virtuale, gravida di potenzialità, ma solitaria, di un essere solo, di fronte allo schermo.
(3, continua)