Mangiare a tavola, una pratica estetica (del “percepire”, del “sentire per mezzo dei sensi”), perché il cibo è un oggetto sensoriale totale. La sensualità quotidiana del nostro vivere, dal cibo alla parola, accade in bocca, questa soglia tra il «dentro» e il «fuori», tra noi stessi e il mondo.
È in bocca che si gusta il sapore del mondo, che è in gioco una «visione del mondo», anzi, una sua «degustazione», il nostro «gusto» di vivere. Insomma, a tavola, ci si appropria in pratica di quei valori, non solo alimentari, che fanno di noi ciò che siamo (alla lettera). È un modo di vivere, un ordine del mondo, ciò che si sperimenta a tavola.
Ora, la pratica artistica, nella sua energia creativa, di invenzione di nuove modalità di pensare e di sentire, ha qualcosa da dirci in più, e di critico, sul nostro modo di vivere?
La domanda è destinata a rimanere “aperta” sul tavolo.
(1, continua)