A fine serata, una riflessione condivisa.
L’armadio degli abiti mette alla prova la nostra identità. È lì che si nasconde la misura del nostro stare bene?
Ad andare oltre l’armadio, che succede? Che qualcosa permane. La forma che diamo al corpo, nell’indossare un abito, è al tempo stesso la nostra disposizione, la nostra abitudine a stare al mondo.
Ma questo nostro fare (abitare) è adeguato al nostro vivere? Se, appunto come dice Erik, è un vivere «senza esserci», senza essere «dentro noi stessi»? Quali pratiche di accettazione e di rispetto di sé stessi, nel nostro vivere, sono necessarie per dare forma al nostro essere come essere legittimo ad abitare il mondo, legittimo nella convivenza?
Se non altro, qualcosa succede, come intorno alla nostra tavola.
(6, fine)