La disobbedienza non è gratis. In genere ha un costo. Anche, e forse di più, ma spesso inavvertito, è il costo dell’obbedienza, là dove l’obbedienza è l’espressione stessa della “normalità” dell’esistenza dell’individuo. In realtà, una moltitudine di individui.
È da loro che dipende l’elaborazione delle condizioni del processo vitale produttivo della società, della sua ricchezza reale, ma il cui godimento più spesso non è nelle loro possibilità – e nella crisi pandemica la cosa è risultata evidente – se non a misura di una diffusa precarietà economica e sociale della loro stessa condizione d’esistenza. Una misura che si riflette anche negli effetti psicopatologici della vita quotidiana.
È una situazione comune, che interessa la maggior parte degli individui.
Il problema è «quando». Quando è possibile uscire da una situazione di dominio? Quando è necessario organizzare una «disobbedienza collettiva», dato che non si può uscire da soli da condizioni di esistenza il cui semplice sussistere esprime la subordinazione, e la subordinazione necessaria degli individui alle loro condizioni di vita?
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