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C’è tutta un’offerta del nostro “stare al mondo”, la cui attrazione consiste nella proposta di una sorta di formula della felicità secondo però un registro in prevalenza individualistico: l’idea che per far fronte alla crisi del presente basti recuperare esperienze immersive di contatto con la natura. L’appropriazione “ingenua”, materiale e simbolica, di un nuovo misticismo (naturismo), mutuato da culture native tradizionali, può essere una soluzione al disagio del mondo, alla sua crisi ecologica?
In Occidente, la pratica di uno sguardo estetico – l’estasi di vedere e conoscere la disposizione del mondo, la “bellezza” dell’intreccio dei suoi esseri – è in grado di unire impegno ecologico e impegno sociale? Un approccio individualistico della cura di sé – di una soggettività ripiegata su sé stessa – esclude una progettazione politica di una socialità dal basso in conflitto con l’attuale assetto economico del mondo? È una proposta di evasione dal mondo, un’illusione di salvezza? O contiene, invece, l’unica possibilità di un rinnovato immaginario della convivenza degli esseri viventi, umani e non umani, all’altezza dei problemi del nostro mondo?
Insomma, come vogliamo raccontare il nostro stare al mondo? E il legame che ci unisce in un mondo, per essere all’altezza, se non del senso della sua fine, almeno della fine della sua onnipresente mercificazione?
(6, continua)
Video appartenente alla cena:
Cena Nº103
Decrescita come reincanto del mondo: convivialità, dono e cura di sé e del pianeta
con Mauro Bonaiuti