La gestione di un mondo, ormai saturo di tecnologia, sembra giocarsi intorno a una questione strategica globale: il controllo di sempre più vasti flussi di informazione digitale – il controllo dei dati – che garantisce alle grandi piattaforme di esercitare una posizione dominante nell’espansione dell’offerta di servizi essenziali e sensibili per la vita degli individui.
A livello globale, le piattaforme digitali (come Google) perseguono un proprio disegno di potere, in stretta relazione con gli Stati di appartenenza (Stati Uniti e Cina) e i loro apparati militari, finalizzato al controllo di una crescente massa di informazioni sensibili, che ne fanno soggetti attivi nell’ambito delle strategie imperialiste di quegli stessi Stati. È quello che Steven Umbrello definisce “fascismo tecnologico”.
Come uscire da queta “presa”, da questo dominio non orientato alla questione dei valori umani? Occorre un approccio al mondo tecnologico basato su una visione “integrata” della tecnologia alla società, sulla consapevolezza che gli oggetti tecnologici incarnano sempre valori umani significati del contesto sociale e storico di appartenenza. Un approccio responsabile, dunque, che tenga conto dei valori fondamentali come la privacy, l’autonomia personale e il benessere umano – un’eredità, questi, della cultura europea – e che faccia della “partecipazione” dei soggetti interessati, e dell’inevitabile “sovraccarico morale” dei diversi valori in gioco, il criterio stesso della progettazione.
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