L’educazione si situa nel presente, nel tempo della vita reale. Al tempo stesso si apre al futuro. Anzi, è la costruzione di una specifica temporalità, perché è una pratica che istruisce (dal lat. in–struere, costruire, comporre, fabbricare, apparecchiare) il nostro stare al mondo, la nostra stessa convivenza.
Ma un’educazione che voglia «farsi cura», “pharmakon”, del nostro stare al mondo – nell’accadere del vivere, così com’è esposto al “male” della fragilità e della finitezza della vita – non può affermare della vita che la sua stessa vivibilità, il più possibile.
L’educazione quindi non è separabile, per Paolo Mottana, dal problema della «gestione edonica» della vita, dalla possibilità di fare esperienza della bellezza del vivere.
(6, fine)