Si è soliti oggi definire l’essere umano per il suo essere un animale vivente, che nella sua corporeità (da Arthur Schopenhauer), nella sua realtà “in carne ed ossa”, è ciò che identifica quanto di più concreto e materiale si possa dare.
È anche vero che da sempre l’essere umano è stato cyborg, un organismo che si costituisce in una continua mediazione con la tecnologia, con la macchina; ma oggi la possibilità di innesti artificiali sul corpo umano, come protesi meccaniche ed elettroniche, in grado di comunicare attivamente con l’organismo – l’essere umano come organismo cibernetico – sembra contenere una vera e propria rivoluzione antropologica.
Questa “contaminazione” rappresenta davvero un andare verso un processo di smaterializzazione del corpo? Come in effetti sembra accadere con la sua proiezione nel mondo virtuale, la sua traduzione algoritmica, o nel mondo dei social network, dove la creazione infinita di «identità di connessione» non fa che produrre una «dissociazione in negativo» dalla singolarità corporea degli individui.
Questo cambiamento antropologico è, per Giuseppe Dambrosio, in continuità con la secolare svalutazione della realtà corporea, a partire da Platone e, in epoca moderna attraverso René Descartes, con l’affermazione del primato del pensiero sulla corporeità.
Come guardare alla progressiva smaterializzazione della corporeità? In che misura questo processo ridefinisce la natura umana? Le risposte possibili, come quella della filosofia del postumanesimo e del transumanesimo, in conflitto tra loro, ci costringono a ripensare la relazione dell’essere umano con la tecnologia – il rapporto uomo-macchina – e con la sua stessa corporeità. Che funzione allora assegnare al pensiero, se non più preminente nella costruzione della natura umana – quale proprietà (attributo) della natura stessa più che prodotto dell’essere umano – al fine di comprenderla come una parte di un sistema dotato di senso? Quali sono le possibili pratiche di liberazione dal dominio dell’essere umano e sull’altro essere umano, nella sua degradazione a materialità corporea, e sulla natura non umana, essa stessa degradata a pura materia prima?
(2, continua)